LEGITTIMITA’ DELLA INSTALLAZIONE DI UN CARTELLO PUBBLICITARIO ALL’INTERNO DEL CORTILE DI UNA CIVILE ABITAZIONE, PUR IN ASSENZA DELLA PRESCRITTA AUTORIZZAZIONE.
Il Tribunale di Ragusa, con la Sentenza n. 232/2021, ha così statuito:
Con ricorso depositato il OMISSIS, OMISSIS impugnava il verbale di accertamento della violazione n. OMISSIS, con cui il OMISSIS gli aveva contestato la violazione degli artt. 23, comma 4, e 11 C.d.S, per avere accertato la presenza di un cartello pubblicitario all’interno del cortile di civile abitazione OMISSIS, in assenza della prescritta autorizzazione comunale, con conseguente irrogazione della sanzione pecuniaria OMISSIS.
In quella sede, il ricorrente eccepiva: la nullità del verbale impugnato, carente dell’indicazione del numero di matricola dei verbalizzanti e della sottoscrizione di uno degli agenti accertatori; di essere mero conduttore dell’impianto pubblicitario in questione, evidenziando che lo stesso risultava regolarmente autorizzato, avendo la relativa proprietaria, OMISSIS, in data OMISSIS, provveduto a depositare domanda di autorizzazione all’autorità competente, in conformità alle prescrizioni del regolamento comunale, sulla quale istanza si sarebbe formato il silenzio assenso (con conseguente comunicazione da parte della stessa OMISSIS dell’inizio del lavori di installazione, in data OMISSIS).
Radicatosi il contraddittorio, il OMISSIS chiedeva il rigetto del ricorso per infondatezza delle avverse deduzioni, invocando l’inapplicabilità dell’istituto del silenzio assenso al caso di specie.
Il Giudice di Pace, con la sentenza oggi impugnata OMISSIS, ha rigettato l’opposizione, nulla disponendo sulle spese, essendosi l’Amministrazione costituita a mezzo funzionario, con la seguente motivazione “dalla documentazione prodotta dal ricorrente non risulta provato che l’impianto pubblicitario non autorizzato sia lo stesso avuto in locazione dalla OMISSIS, in quanto nel contratto di affitto è indicato genericamente un impianto allocato in c.so OMISSIS senza specificazione del numero civico”.
Contro il richiamato provvedimento ha proposto appello OMISSIS, censurando la sentenza impugnata in quanto il giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere che l’impianto pubblicitario per cui è causa non fosse quello oggetto del contratto con la società Agieffe, trattandosi di valutazione fondata su una circostanza non specificamente contestata dal OMISSIS in primo grado (avendo anzi quello preso posizione specifica sulla richiesta di autorizzazione da parte della proprietaria OMISSIS). Ciò premesso, l’appellante ha riproposto i medesimi motivi di doglianza di cui al ricorso di primo grado.
Pur ritualmente evocato in giudizio, il OMISSIS è rimasto contumace.
Con il primo motivo di appello, OMISSIS ha censurato la decisione del giudice di prime cure, sostenendo che lo stesso abbia errato nel ritenere non provato il fatto che l’impianto pubblicitario oggetto di contestazione non corrispondesse a quello oggetto del contratto di godimento intercorrente tra l’odierno appellante e la società proprietaria OMISSIS, trattandosi di fatto incontestato tra le parti.
Il motivo è fondato.
Dal tenore delle difese del OMISSIS in primo grado emerge infatti che lo stesso (adottando una linea difensiva logicamente inconciliabile con il disconoscimento del fatto che il cartellone pubblicitario de quo fosse quello oggetto del contratto tra OMISSIS e l’odierno appellante) si sia limitato a invocare, nel merito, l’inapplicabilità della disciplina del silenzio assenso al caso di specie.
Ne deriva l’erroneità della sentenza impugnata, per non avere il primo decidente applicato il principio di cui al novellato art. 115 c.p.c., per cui il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita, risultando dagli atti che il contratto stipulato tra OMISSIS e OMISSIS comprendesse una postazione pubblicitaria sita in OMISSIS e inoltre che l’odierna parte appellante avesse rappresentato al OMISSIS, con missiva dallo stesso riscontrata, di non essere proprietaria, bensì conduttrice, dell’impianto in oggetto.
Ciò premesso, deve ora procedersi allo scrutinio delle contestazioni di merito spiegate nel giudizio di primo grado, non esaminate dal giudice di prime cure e riproposte all’interno del ricorso in appello, ivi avendo la difesa dell’appellante inteso ribadire le medesime difese contenute nel ricorso di primo grado (pag. 6 ricorso in appello).
OMISSIS ha contestato la legittimità dell’impugnato verbale di contestazione, atteso che il manufatto pubblicitario de quo non poteva ritenersi abusivo, pur in assenza di autorizzazione espressa dell’ente, essendo stato oggetto di richiesta di autorizzazione da parte della proprietaria OMISSIS in data OMISSIS, in assenza di diniego esplicito, conformemente al regolamento per la disciplina della pubblicità e delle affissioni adottato dal OMISSIS con deliberazione consiliare OMISSIS, ove si prevede che “trascorsi trenta giorni dalla presentazione della richiesta senza che sia stato emesso alcun provvedimento, l’interessato […] può procedere all’installazione del mezzo pubblicitario […]”.
La doglianza è fondata.
Infatti, in un’ottica di agevolazione delle attività private subordinate all’assenso della Pubblica amministrazione, con la L. n. 241 del 1990, art. 20, in attuazione del principio del buon andamento e della semplificazione amministrativa, il legislatore ha equiparato in linea di principio il silenzio al provvedimento di accoglimento dell’istanza per l’ottenimento di un titolo abilitativo.
La portata generale dell’istituto non è tuttavia illimitata, atteso che la stessa L. 241/1990 (art. 20, comma 4) prevede peculiari eccezioni all’applicabilità del silenzio assenso, tra cui rientra la materia della pubblica sicurezza.
Ritiene suL punto il decidente che l’art. 23, comma 4 C.d.S., laddove subordina in ogni caso la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse ad autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada, risponda in effetti ad esigenze di tutela della pubblica sicurezza, demandando alla P.A. un preciso onere di verifica circa le condizioni ed i presupposti per lo svolgimento dell’attività, risultando pertanto illegittima la previsione del meccanismo del silenzio assenso ad opera di fonti secondarie (cfr. “l’istituto del silenzio assenso, in virtù del quale l’autorizzazione amministrativa richiesta e non emessa nei termini di legge si ritiene accordata, pur essendo previsto dall’art. 20 l. 7 agosto 1990 n. 241 del 1990 in termini generali, non si applica nella materia delle affissioni pubblicitarie; ne consegue che la posa in opera non autorizzata di impianti per affissioni pubblicitarie è da considerarsi abusiva ed è doverosa l’attività di repressione dell’illecito da parte del Comune ai sensi dell’art. 97 Cost.” e anche sez. II, n. 18565/2017, per cui l’inapplicabilità dell’istituto del silenzio-assenso in ordine all’autorizzazione all’installazione di cartelli pubblicitari lungo le strade attiene alla necessità di garantire la sicurezza della circolazione veicolare e l’incolumità di persone e cose).
Va tuttavia osservato, conformemente alla recente Cass. Civ., sez. VI, n. 288/2018 che “in
attuazione della L. n. 241 del 1990, art. 20, comma 4, il D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300, concernente le attività private sottoposte alla disciplina della L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 19 e 20, specifica i casi in cui il silenzio assume valenza significativa circa l’accoglimento dell’istanza. La normativa regolamentare è stata implementata dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 407 […]. Tale ultimo regolamento, al D.P.R. n. 300 del 1992, allegato 1, punto 81, integra la tabella C, includendo la materia “pubbliche affissioni” in relazione al “D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, art. 28, comma 4”, ricollegandovi la formazione del silenzio assenso trascorsi 30 giorni dalla presentazione dell’istanza al Comune competente. Nondimeno, come è agevole ricavare dal collegamento sistematico con il D.P.R. n. 639 del 1972, art. 28, comma 4, (peraltro abrogato) frutto del rinvio recettizio operato dal D.P.R. n. 407 del 1994, art. 28, comma 4, l’ambito di operatività del silenzio-assenso è limitato, giacché destinato a surrogare il consenso del Comune solo per l’ipotesi di “affissione diretta in spazi di pertinenza propri degli interessati”, mentre il provvedimento ampliativo tacito non è ammesso per il procedimento in esame, relativo alla installazione di cartelli pubblicitari su strada statale (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, 3^, 17 aprile 2002, n. 1490 e 16 dicembre 2004, n. 6479; T.A.R. Piemonte, 1^, 14 novembre 2005, n. 3523; v. anche T.A.R. Sardegna, 23 gennaio 2002, n. 56 e T.A.R. Lombardia, Milano, 3, 24 ottobre 2005, n. 3891; T.A.R. Umbria, 3 febbraio 2010, n. 50).”
Da ciò deriva, nel caso di specie, essendo il cartello in questione installato “all’interno di cortile di civile abitazione” (cfr. verbale di contestazione impugnato, avente la natura di atto pubblico), l’applicabilità dell’istituto del silenzio assenso, trattandosi di affissione diretta in spazi di pertinenza propri degli interessati, con conseguente legittimità dell’affissione, avendo la proprietaria del manufatto presentato rituale domanda di autorizzazione all’ente competente, per come può evincersi dagli atti di causa (cfr. istanza protocollata al OMISSIS comprendente anche il cartello sito in OMISSIS e successiva comunicazione inizio lavori, protocollata il OMISSIS .
Per tutte le ragioni sopra esposte, ogni ulteriore questione resta assorbita e l’appello va accolto, con la conseguente integrale riforma della gravata sentenza del Giudice di Pace di Ragusa OMISSIS e annullamento del verbale di contestazione OMISSIS”